Mercato dell’auto: una ripartenza “senza un vero rilancio”…
Con il DL “Rilancio” il Governo ha cercato di dare nuova linfa alle attività fondamentali del nostro Paese. Nondimeno non può che constatarsi la assoluta assenza di visione progettuale poiché gran parte delle aree di intervento assolvono ad una funzione di momentanea panacea.
Il settore automotive rientra certamente tra quelle che necessitava di migliore intervento.
Pur non elencando i tantissimi dati che attualmente rappresentano la sofferenza del settore auto in Italia, si evidenzia che l’automotive, così come inteso nelle sue generalità e ramificazioni economiche, rappresenta il 12% del Pil nazionale, la sua filiera occupa circa 250.000 addetti, il fatturato complessivo è di 180 miliardi di euro e 90 di questi vengono versati all’ Erario.
In questi mesi di emergenza causata dal Covid 19, il mercato dell’auto ha subito un calo a dir poco drastico, basti pensare che, solo nel mese di aprile, è stato del – 85%.
E’ evidente quali siano i motivi per cui il settore auto rappresenta un pilastro della nostra economia: a) attività dirette di produzione e compravendita delle vetture; b) indotto che esso genera. Basti pensare al numero di lavoratori impiegati, alle aziende fornitrici delle case madri, all’attività di marketing, di pubblicità e di carattere sportivo (Motorsport), nonchè alla movimentazione di denaro sotto la forma di imposte di cui beneficia l’erario (ad esempio le accise sul carburante, le tasse di immatricolazione provinciali, iva del mercato del nuovo etc…).
Ebbene. In effetti chiaro è che il “rilancio effettivo” non sia stato previsto nel DL sopra detto. Ci si sarebbe aspettati un aiuto, o meglio una vision del comparto auto, molto più strutturale e progettuale. Ci si è limitati, invece, a incrementare con 100 milioni per l’anno 2020 e con 200 milioni per l’anno 2021 il fondo, originariamente dotato di 70 milioni di euro, come previsto dall’ articolo 1, comma 1041, della Legge 30 dicembre 2018, n. 145. Non valutandosi altresì di mettere mano alle soglie di emissione che ad oggi consentono di accedere agli ecobonus con le seguenti modalità: per l’acquisto di autovetture con emissioni da 0-a 20 g/km e da 21- a 70 g/km di CO2 il bonus oscilla tra i 6000 ed i 4000 euro a seconda che l’ acquisto avvenga con o senza rottamazione, con emissioni, invece, da 21- a 70 g/km di CO2 l’ ecobonus è compreso tra i 2500 euro in caso di rottamazione e i 1500 euro senza rottamazione.
Pertanto, tale intervento risulta del tutto insufficiente per risollevare un mercato ad oggi assolutamente depresso.
La verità è che occorrerebbe maggiore confronto per offrire soluzioni a tale importante fetta di mercato economico, con prospettiva di lungo periodo per il futuro della nostra economia.
Il contributo di Byron Associati mira ad una presa di coscienza affinchè si adottino norme adeguate che favoriscano il superamento della situazione di impasse ormai alle porte. Gli incentivi non dovrebbero essere solo rivolti al mercato del nuovo, ma anche al mercato dell’usato e delle auto in stock ferme da mesi presso i concessionari in attesa di essere vendute; andrebbero premiate tutte queste tipologie di vetture che, a partire dalla classificazione euro 6, rappresentano uno standard sicuro e certo di eco sostenibilità ambientale.
Inoltre il mercato delle auto “completamente elettriche” ad oggi rappresenta solo una nicchia non essendo le stesse economicamente alla portata di tutti e patendo esse una cronica carenza di infrastrutture di ricarica che ne impedisce una accettabile fruibilità da parte dei potenziali proprietari. In questo senso non possiamo prendere in considerazione tali auto come mezzo di lavoro o per lunghe percorrenze.
Sarebbe, quindi, necessario allargare la platea delle autovetture beneficiarie dell’ecobonus. L’occasione opportuna potrebbe essere il momento della conversione del testo del Decreto “Rilancio Italia” emendando ed aggiungendo così un’ulteriore fascia di accesso per gli ecobonus che potrebbe essere quella dai 70 ai 95 gr/km di CO2. Inoltre, si potrebbe innalzare il tetto di 50.000 euro più Iva che ad oggi è il limite di valore massimo d’acquisto di un’auto che si possa avvantaggiare degli ecobonus. Aumentandolo di almeno un 20% si otterrebbe un allargamento della scelta dei veicoli acquistabili incrementandone il valore di appetibilità commerciale.
Sempre in sede di conversione, potrebbe trasformarsi in “incentivo diretto” la possibilità di dedurre il 110 per cento del costo dell’ installazione di una centralina di ricarica residenziale; come è prevista ora, la detrazione dipende solo dagli interventi di miglioramento generale della classe energetica dell’immobile, ponendo un paletto molto restrittivo a chi voglia accedere al mondo della mobilità elettrica senza essere “costretti” dall’esigenza o possibilità di effettuare interventi di ristrutturazione energetica al proprio immobile.
Perché allora non concedere incentivi alle aziende che installano centraline di ricarica e che offrano ospitalità in appositi punti di raccolta, creando servizi a favore della comunità?
Perché non prevedere che i bonus a favore dell’acquisto dell’auto valgano per tutti i tipi di auto, quindi anche per quelle con motore termico?
Per il settore auto, il Governo ha deciso di aggiungere 200 milioni di euro ai già 70 previsti per quest’anno dalla legge di bilancio 2019; questo unico intervento, oltre a non essere del tutto soddisfattivo, continua ad avere una grossa preclusione, come detto, riguardo alle soglie di accesso.
Si ritiene così assolutamente indispensabile innalzare tali soglie, prevedendosi che, in sede di conversione, il testo del Decreto Rilancio Italia possa essere emendato aggiungendosi un’ulteriore fascia relativa alle emissioni, cosicchè potere accedere ad ecobonus ricompresi tra gli 70 ai 95 gr/km.
Senza tale innalzamento è di tutta evidenza che il Governo, abbia solo potenziato gli strumenti già esistenti senza incidere realmente nel mercato mediante l’adozione di soluzioni ad impatto innovativo.
Infine, non di meno importante, è la scottante materia dei c.d. “veicoli aziendali”.
Anche in tale specifico settore sarebbe stato quantomeno auspicabile prevedere e normare un allineamento fiscale agli standard degli altri Paesi UE consentendo un aumento di detraibilità dell’IVA al 100% e un aumento del tetto del costo deducibile d’acquisto fino a 50.000 euro. Solo in tal modo si potrebbe raggiungere una posizione molto più concorrenziale (anche sotto il profilo dell’impatto economico) con gli altri paesi europei su di un piano di parità fiscale e commerciale.
Che si costituiscano quindi i tavoli tecnici e di confronto per valutare le misure più utili non solo per uscire dall’emergenza Covid 19, ma per rendere il futuro del mercato dell’auto più stabile, il mondo che ci circonda più sostenibile, grazie ad un minore impatto ambientale, ricreando un volano economico per generare ricchezza sostenibile in tutta la consistente filiera ad esso collegata.